Finanza sostenibile: Consob ne pubblica il terzo Quaderno, definendo l’identikit dell’investitore-tipo in questo nuovo mercato. Il Regolamento Delegato (UE) 2021/1253 ha stabilito che gli intermediari autorizzati devono informare gli investitori anche sul criterio della sostenibilità, definendo questo criterio come preferibile a parità di altre condizioni su due investimenti diversi. Chi sono gli italiani che sono più portati a scegliere un investimento sostenibile?
Secondo i dati dell’ente, al primo posto ci sarebbero le donne giovani con un livello di istruzione elevato. Le investitrici sono ancora più interessate se sanno che quell’investimento farà del bene a qualcuno, in un’ottica altruistica. In più, chi investe si fida del sistema finanziario tradizionale e si batte se la causa è di valore.
La conoscenza percepita sugli investimenti, le preferenze sui social e un portafoglio diversificato, accanto a un’ottima esperienza nel settore finanziario, completano il profilo.
L’accento sull’etica piuttosto che sul guadagno netto consentono di accettare con più tolleranza al rischio se ha un impatto sostenibile riconoscibile. In più, i social diventano per queste investitrici un modo per dare il proprio contributo all’ambiente senza aspettarsi nulla in cambio. L’investitrice-tipo ha anche delle paure consolidate da abbattere per la Consob: non investe se pensa che dietro ci sia una manovra di greenwashing da parte dell’azienda, per esempio.
Cosa vuol dire? Un’impresa che fino a quel momento non ha avuto nessuna attenzione all’ambiente crea una comunicazione dove, invece, l’ambiente e la sostenibilità diventano protagonisti, ma senza un vero cambiamento nelle modalità di produzione. Insomma, chi investe cercherà di capire se l’azienda fa sul serio o se la tematica ambientale è solo uno specchietto per le allodole.
Un altro timore è l’investimento a lungo termine. Anche se in ottica sostenibile, chi investe cerca strategie di brevissimo termine, da short term, ma non sempre la finanza sostenibile consente di farlo. Diventa così importante avere a disposizione un consulente che faccia il reale interesse di chi investe, cercando di evitare l’effetto di infodemia. Infatti, nel garantirsi la firma per un investimento, si potrebbe tendere a fornire informazioni non necessarie. L’effetto è solo una gran confusione, che spinge a scappare via.
Anche Forum per la Finanza Sostenibile, in collaborazione con la società pubblica Mefop e il portale MondoInstitutional, hanno condotto una ricerca per capire la finanza sostenibile e chi se ne sente attratto o propenso. Lo studio coinvolge casse di previdenza, fondi pensione aperti, fondi pensione negoziali, fondi pensione preesistenti (istituiti prima della riforma del 1993) e piani individuali pensionistici.
Gli operatori previdenziali che investono nella finanza sostenibile aumentano in un anno, passando da 55 a 68, con un aumento del 76% rispetto al 2021. Ciò che attrae di più questi operatori è la possibilità di avere un buon ritorno dell’investimento, ma anche di dare un sostegno all’ambiente mentre si gestisce il proprio portafoglio.
Anche in questa ricerca si evidenzia una certa tollerabilità al rischio, dovuta però alla profonda conoscenza delle dinamiche finanziarie. In più, anche qui si fa sentire l’assenza di una certificazione che tuteli sul presunto greenwashing nei dati forniti dalle aziende.
Nella scelta, gli operatori fanno riferimento all’Agenda 2030 dell’Onu, con particolare riferimento a: salute e benessere, parità di genere, cambiamento climatico, lavoro dignitoso e crescita economica. Non mancano investimenti anche sull’energia rinnovabile e sostenibile. Oltre a questo documento, chi investe dovrebbe tenere in considerazione anche quanto reso noto dall’European Securities and Markets Authority – ESMA.
Nel 2022, l’ente europeo ha pubblicato la tabella di marcia della finanza sostenibile per il periodo 2022-2024. La priorità resta combattere il greenwashing, con normative che spingano le imprese a fornire dati più chiari. Per farlo, l’ente definisce uno strumento di controllo per capire quali sono i reali progressi realizzati in ottica sostenibile.
L’Esma ha anche definito delle strategie chiare per portare avanti questo lavoro di controllo e gli altri per una finanza davvero sostenibile, supportando anche un sistema di rating in base alla reale sostenibilità di produzione e di investimento per le imprese che si affacciano sul mercato.
Come si definisce se un investimento rientra nella finanza sostenibile o no? Si valutano i fattori ESG, ovvero Ambiente – Società e Governo societario (in inglese Environmental, Social e Governance). In fatto di ambiente, si va a verificare qual è l’impatto (che può essere anche neutro, cioè pari a zero) dell’impresa sul mondo. Il lato sociale, invece, riguarda la lotta alle disuguaglianze, l’inclusione, il lavoro, l’investimento nella formazione professionale e il benessere della comunità dove l’azienda insiste. Infine, c’è l’assetto societario e come opera con enti pubblici e privati per realizzare soluzioni realmente sostenibili.
Quando l’investimento riduce il surriscaldamento globale e combatte il cambiamento climatico, si parla di finanza verde, che è una parte di finanza sostenibile. Al momento, la finanza sostenibile ha un valore di 35.300 miliardi di dollari nel mondo. Rispetto al 2018 è aumentato del 15 percento. Il totale del risparmio gestito in questo modo è del 36 percento.