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Green Economy, 4,6 miliardi di investimenti in Italia

Green Economy

La Green Economy in Italia attira 4,6 miliardi di euro di investimenti. A dirlo è il rapporto di sostenibilità 2022 sulle utilities italiane preparato da Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua, ambiente ed energia.

Quali sono le modalità di investimento e dove va a finire questo denaro? Facciamo chiarezza.

Green Economy in Italia, i dati

Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2021, a cui fa riferimento il rapporto. Gli stakeholders che hanno partecipato con i propri capitali hanno ottenuto 11,7 miliardi di euro di valore aggiunto annuale, con una crescita di 11 miliardi rispetto al 2020.

In più, ci sono altri 12,7 miliardi di euro che gli operatori della green economy hanno pagato ai fornitori. Il 59% di questi fornitori è un ente locale. Dai dati emersi si notano le ricadute sui territori, che crescono la loro consapevolezza verso la sostenibilità e anche a livello economico. Infatti, se le utilities arrivano a una comunità locale, questa li userà per offrire nuovi servizi ai propri cittadini, promuovendo così una cultura sostenibile.

Dove si concentrano gli investimenti

Decarbonizzazione, economia circolare e digitalizzazione sono i tre punti dove si concentrano gli investimenti. In totale, questi tre raggiungono il 31% del capitale investito nella Green Economy in Italia.

Si tratta di 1,4 miliardi di euro investiti nel 2021. Nel 2020, il totale investito in questi tre settori era il 24% degli investimenti totali nel green. La decarbonizzazione resta il nodo centrale su cui gli investitori hanno puntato di più secondo il rapporto.

Infatti, nel 2020 il capitale investito superava di poco i 600 milioni di euro, mentre nel 2021 arriva a oltre gli 860 milioni di euro, con un aumento del 43 percento. Di questi, il 49% è investito nelle fonti rinnovabili, mentre un altro 18% per i mezzi a basso impatto ambientale, usati per la maggior parte nella raccolta dei rifiuti in ottica sostenibile.

L’economia circolare ottiene il 50% in più, con gli investimenti che passano da 182 milioni di euro a oltre 272 milioni di euro.

Il tasso di riciclo nella raccolta differenziata è ora dell’81,5 percento. In media, quando si ricicla qualcosa, questa percentuale di materiali si riesce a riutilizzare. Per i fanghi di depurazione, la percentuale di recupero sale al 92,5 percento.

È un segnale che fa ben sperare, perché vuol dire che si riesce a depurare più acqua, sicuramente di più rispetto al 2020, dove la percentuale era dell’87 percento.

Anche la digitalizzazione aumenta, grazie alle normative introdotte e non solo. Infatti, la spinta verso il digitale ha convinto le aziende per i miglioramenti effettivi nei processi produttivi e non solo in ottica sostenibile. Gli investimenti aumentano di poco – solo del 3% – ma si tratta pur sempre di 297 milioni di euro di capitale. Il 49% delle reti idriche ha al vertice un distretto, mentre i contatori del gas smart – quindi più precisi rispetto a quelli tradizionali – arrivano al 79% del totale.

Nuovi interlocutori interessati in questa fase

Gli Stati Generali della Green Economy 2022 dello scorso novembre hanno evidenziato come non ci possa essere decarbonizzazione senza un intervento sulle infrastrutture. “Non c’è decarbonizzazione senza risparmio ed efficientamento dell’uso di energia. Va definito lo scenario e farlo con una legge sul clima che fissi target vincolanti, non sono obiettivi facili, ma sono indispensabili” ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile in quella sede.

La richiesta degli operatori del settore è un “aggiornamento del Pniec e la possibilità di realizzare 85 giga di impianti, di cui il 75% fotovoltaici, il 30% eolico e il restante idroelettrico e biomasse, per le quali devono essere indicate le aree idonee” secondo Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura.

Le imprese che si occupano di Green Economy hanno tenuto a sottolineare che non esiste un settore non interessato al fenomeno. Anche settori come la farmaceutica, l’acciaio, l’alimentare, il trasporto ferroviario e le aziende che hanno emissioni elevate di CO2 possono diventare clienti di società che si occupano del mondo sostenibile.

I benefici per le aziende che decidono di investire nell’economia verde non mancano. I costi operativi scendono, mentre aumenta la reputazione dell’azienda nei piccoli consumatori e non solo. Tra un’azienda sostenibile e una che non lo è, sempre più italiani scelgono la prima a parità di prodotto. In più, c’è la maggiore possibilità di partnership con imprese più grandi o prima concorrenti.

L’ostacolo più importante in Italia, invece, resta la burocrazia. Per ottenere le autorizzazioni e i fondi necessari, le imprese che vogliono fare questi investimenti devono aspettare ancora troppo tempo per essere operative e rischiano di perdere competitività.

Altri problemi sono: la difficoltà ad accedere a finanziamenti, i problemi nell’approvvigionamento delle risorse, gli ostacoli di tipo tecnico e la ristrutturazione dei modelli aziendali in base alle novità introdotte.

L’economia circolare potrebbe essere una risposta concreta alla crisi energetica in corso, perché fornisce alternative agli approvvigionamenti tradizionali, grazie all’uso delle rinnovabili e all’ottimizzazione delle risorse energetiche disponibili, senza contare i vantaggi per l’ambiente.

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